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Descrizione

Storia

La questione relativa alle origini di Corigliano ha da sempre suscitato vivaci dibattiti. I termini della discussione, recentemente sintetizzati, hanno messo in evidenza quattro ipotesi relative all’accrescimento, avvenuto tra Età antica e Alto medioevo, della realtà urbana coriglianese. La prima vide protagonisti Ausoni ed Enotri: dai primi il sito avrebbe tratto il nome “Ausonia”. La seconda fase, svoltasi nel noto quadro storico legato alla nascita di Sibari (VIII-VII secolo a.C.), portò una forte grecizzazione del territorio circostante. Il terzo periodo si contraddistinse invece per il trasferimento sulla collina del Serratore di un gruppo di esuli sibariti dopo la distruzione della loro città. I loro discendenti, federati con i nuovi abitanti della città di Thurii e per tale fatto appellati anch’essi turini, avrebbero accolto il romano Gaio Marzio, detto Coriolano per aver espugnato la capitale dei Volsci. Il condottiero in esilio, per ricambiare l'ottima ospitalità ricevuta, volle lasciare agli Ausoni-Turini il vittorioso appellativo di cui si fregiava, così il nome della cittadina divenne Ausonia, civitas Coriolanensium. La quarta e ultima fase ̶ sembrerebbe la più attendibile ̶ è legata alle scorrerie saracene del X secolo e alla distruzione del casale di San Mauro (si veda Luigi De Luca, Corigliano Medievale, dalle origini alla fine del XII secolo, con una nuova lettura della "carta rossanese", Cosenza, 1985).

I maggiori documenti disponibili, sino alla dominazione sveva, provengono da casali o roccaforti che oggi fanno parte del comune di Corigliano: Apollinara, Santo Mauro e Crepacore. Questi erano gestiti prevalentemente da due importanti monasteri, Santa Maria del Patir di Rossano e Santa Maria de Ligno Crucis ubicato nel castro di Crepacore.

Il primo feudatario di Corigliano, di cui si ha notizie certe, è il noto Andrea Cicala, fedele di Federico II. Già dal 1246 sembra che non possedesse più l’odierno centro della Sibaritide in quanto fu coinvolto nella Congiura di Capaccio contro l’imperatore svevo.

Con l’avvento degli Angioini i cavalieri francesi divennero i feudatari di Corigliano fino alla fine del Duecento quando subentrò nel feudo prima il nobile romano Stefano Colonna, poi Ruggero Sangineto che divenne nel 1299 il primo conte di Corigliano. Tra il XIV e la prima metà del XV secolo l’egemonia della famiglia Sangineto venne pian piano spodestata dai Sanseverino, i quali per volere degli Aragonesi, nuovi dominatori del Mezzogiorno d’Italia, ricevettero il titolo di “principe di Bisignano”[4].

Nel 1532 il numero degli abitanti crebbe quasi a 4.000 e nel 1538 la città riuscì a respingere l'attacco del pirata saraceno Barbarossa[5].

I Sanseverino ebbero il dominio su Corigliano fino alla morte dell'ultimo Sanseverino, il prodigo Niccolò Bernardino, principe di Bisignano. Nel 1616, per rifarsi dai debiti lasciati dal Sanseverino, il governo dispose la vendita dei suoi beni feudali e tra questi Corigliano, che fu acquistato da Agostino e Giovan Filippo Saluzzo, ricchi finanzieri impegnati nelle attività economiche del Regno di Napoli. Dopo alcuni passaggi ereditari la signoria si consolidò progressivamente nelle mani di Giacomo Saluzzo, presidente della "Regia Camera della Sommaria", che dispose del feudo in favore del figlio Agostino. Questi, dopo aver sostenuto un lungo assedio nel Castello e aver respinto le forze repubblicane del duca di Guisa (1647-48), ottenne l'8 maggio del 1649 il titolo di duca di Corigliano da parte di Filippo IV di Spagna.

Durante il XVII secolo i Saluzzo non riuscirono a fermare la progressiva decadenza economica: molte delle terre della pianura erano state abbandonate ed erano divenute paludose, provocando un'accentuazione della malaria, a cui si aggiunse un'epidemia di peste nel 1656[6].

Nel XVIII secolo si ebbe un miglioramento delle condizioni, grazie alle opere di bonifica intraprese dai duchi e alla produzione della liquirizia. Gli abitanti raggiunsero la cifra di 6.800 nel 1743 e la città si sviluppò con nuovi quartieri fuori della mura ("Gradoni Sant'Antonio" e “San Francesco”).

I Saluzzo alienarono i loro beni coriglianesi nel 1828 al barone Giuseppe Compagna, (1780-1834), che abilmente ricompose nelle mani proprie e dei suoi eredi Luigi (1823-1872) e Francesco (1848-1925), il potere economico che era stato dei duchi[7].

Tra il 1814 e il 1951 gli abitanti passarono da poco più di 8.000 a circa 21.000: lo sviluppo si deve alla riforma agraria e alla bonifica della pianura, dove vennero impiantati vasti agrumeti. Crebbero considerevolmente le varie frazioni, alcune delle quali si svilupparono come località turistiche (Piano Caruso).

Nel 1863 Corigliano prese la denominazione di "Corigliano Calabro" per evitare la confusione con Corigliano d'Otranto.

Alto su un colle a pochi kilometri dal mare Ionio, sorge il nucleo antico di Corigliano Calabro, di origine medievale, dominato dall'imponente mole del Castello Ducale, verso cui si sale passando sotto le possenti arcate del Ponte Canale e proseguendo per strade strette e suggestive.
Vale una visita anche la Chiesa di Sant'Antonio con la sua cupola dall'elegante rivestimento in maioliche bianche e azzurre, situata poco fuori dal centro storico nella parte bassa del paese.

Il maestoso Castello Ducale domina dall'alto l'abitato: le sue origini si fanno risalire all'XI secolo, ma fu oggetto di numerosi rifacimenti nel corso dei secoli, conserva quattro torri merlate ed una torretta ottagonale seicentesca

Il Ponte Canale si erge sopra via Roma, la principale via d'accesso al centro storico: formato da due serie di arcate sovrapposte, fu costruito nel 1480 come acquedotto della città.

Il nucleo storico del paese ed il suo accrescimento si pensa ebbe origine intorno al X secolo, quando gli abitanti delle pianure cercarono sul colle distante del mare dimore più sicure per difendersi meglio dalle incursioni dei Saraceni.

La chiesa di Sant'Antonio, posta nella parte bassa del paese, fu eretta nel XV secolo e ricostruita nel 1740: spicca per le sue eleganti cupole e cupolette rivestite da maioliche azzurre e gialle.

Blog Andrea Pantani

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